A Piazza Marina a Palermo, a pochi passi da Porta Felice e dalla Cala, si trova Palazzo Chiaramonte Steri, una delle dimore storiche nobiliari più significative della città. Il palazzo, oggi sede del Rettorato dell’Università di Palermo, racconta 700 anni di storia e arte, e custodisce alcune prestigiose opere, come il soffitto ligneo della Sala Magna dipinto con scene cavalleresche e il dipinto La Vucciria di Renato Guttuso. Ma all’interno del palazzo, oramai da qualche anno, è possibile ammirare anche una delle più significative e agghiaccianti testimonianze della presenza e dell’operato dell’Inquisizione Spagnola in Sicilia. Si tratta di una serie di graffiti, ritrovati durante alcuni lavori di restauro nelle celle del palazzo, realizzate dai prigionieri che qui erano custoditi in attesa della loro condanna.
La visita di queste celle, anche grazie all’ausilio di una guida, permette di scoprire la storia di diversi personaggi che per tutta una serie di motivazioni che ora vedremo, sono stati sottratti alla loro vita e che con i pochi mezzi a disposizione hanno cercato di dimostrare di essere degni di tornare alla libertà. Se siete curiosi di conoscere l’incredibile storia di questo luogo allora non vi resta che leggere l’articolo.
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Breve storia di Palazzo Chiaramonte Steri
Il Palazzo Chiaramonte Steri è il primo esempio di un preciso stile architettonico chiamato appunto stile chiaramontano, che si diffuse in Sicilia nel XIV secolo e che molto deve alla famiglia dei Chiaramonte. Discendenti del casato francese dei Clermont, i Chiaramonte giunsero in Sicilia al seguito di Ruggero I D’Altavilla, durante la conquista dell’isola e la cacciata degli arabi.
Il palazzo Chiaramonte Steri fu completato nel 1307 e divenne la sede di Manfredi Chiaramonte, conte del Feudo di Modica e importante rappresentante della famiglia.
Quando nel 1377 re Federico IV morì senza eredi, i Chiaramonte, insieme agli Alagona, i Peralta e i Ventimiglia si spartirono l’isola in 4 parti ed esercitarono un potere da sovrano. Un potere che non durò a lungo perché con il ritorno degli Aragonesi, guidati dal re Martino il Giovane, venne catturato e ucciso l’ultimo discendete della famiglia, Andrea Chiaramonte, nel 1392. A questo punto il palazzo diventa dapprima dimora dei reali d’Aragona, poi dal 1468 dimora dei viceré.
Dal 1600 al 1792 palazzo Chiaramonte Steri è stato sede del tribunale dell’inquisizione. Oggi, come già anticipato, il palazzo è sede del Rettorato dell’Università di Palermo.
L’inquisizione Spagnola
Nel 1478 il re Ferdinando II d’Aragona, detto il Cattolico, istituisce il tribunale dell’inquisizione che viene esteso a tutti i possedimenti spagnoli sparsi per il mondo, Sicilia compresa. A differenza dell’inquisizione medievale, che dipendeva dalla Santa Sede, l’inquisizione spagnola rispondeva alla corona spagnola e aveva diversi compiti. Inizialmente doveva occuparsi di controllare l’autenticità delle conversioni al cattolicesimo da parte degli ebrei. Successivamente si occupò anche di reati di eresia, comportamenti non morali, stregoneria, superstizioni, bestemmie, adulterio e tutti quei comportamenti che potevano essere considerati contrari alla fede cattolica.
Il Santo Uffizio ben presto si arricchì sia grazie alle donazioni, sia perché i beni delle vittime venivano confiscati, ed probabile che in certi casi alcuni personaggi siano stati colpiti con l’unico scopo di impossessarsi dei suoi averi. I poveri malcapitati, dopo essere stati arrestati, venivano torturati con l’intento di estorcere una confessione che spesso arrivava solo per porre fine al dolore. La pena massima era il rogo, ma erano previste anche pene diverse come l’esilio, il carcere a vita, il servizio sulle galere
Nel 1792 il viceré Domenico Caracciolo chiuse il tribunale e fece dare alle fiamme l’archivio segreto e gli strumenti di tortura, cancellando ogni traccia di quella che è stata una delle pagine più oscure della nostra storia.
Le carceri e i graffiti di Palazzo Chiaramonte Steri
Tutti i prigionieri dell’inquisizione spagnola venivano rinchiusi nelle carceri che erano state realizzate all’interno del palazzo. Le condizioni in cui i prigionieri erano tenuti erano veramente pessime: oltre alle terribili torture alle quali erano sottoposti, venivano ammassati dentro celle anguste e poco luminose, con condizioni igieniche scarsissime. Molti di loro erano consapevoli che non sarebbero usciti vivi da lì, altri invece continuavano a sperare di tornare alle proprie vite e alle proprie famiglie. I prigionieri, utilizzando quello che riuscivano a trovare, disegnarono sulle pareti di tutto: da iscrizioni di preghiere, passi della bibbia e nomi dei propri cari a disegni di imbarcazioni, figure di santi, la donna amata, e persino la rappresentazione della battaglia di Lepanto, firmata da Francesco Mannarino. La battaglia di Lepanto è considerata una delle più importanti vittorie del mondo cattolico contro i musulmani e chissà, forse il povero autore del disegno voleva dimostrare fedeltà a Cristo e la sua totale distanza verso le altre religioni. Questo probabilmente non lo sapremo mai con certezza, anche perché come vi ho detto prima, nel 1792 venne cancellata ogni traccia di quanto avvenuto per quasi 300 anni.
Furono i lavori di restauro degli inizi del ‘900 a riportare alla luce i graffiti e a ricostruire quanto accaduto.
La visita alle carceri di Palazzo Chiaramonte Steri ci mette di fronte ad una realtà, oramai lontana, ma che ha avuto un forte impatto storico. Non so voi, ma a me crea tristezza e rabbia allo stesso tempo quando esseri umani si elevano a tal punto da condannare altri esseri umani sulla base di regole morali che sono solo un’invenzione culturale.
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