
La Fossa della Garofala è un luogo al quale sono particolarmente legata, perché è proprio qui che ho svolto il mio tirocinio formativo universitario. Si è trattata di un’esperienza inaspettatamente bella, perché ho avuto la possibilità di conoscere, approfondire e poi raccontare a molti visitatori un luogo di Palermo poco conosciuto ma di grandissima importanza. La Fossa della Garofala infatti è una sorta di libro a cielo aperto di storia di Palermo, che racconta la città dalla preistoria sino ai nostri giorni.
Dove si trova la Fossa della Garofala
La Fossa della Garofala oggi fa parte del sistema museale dell’Università di Palermo. Si trova proprio all’interno della cittadella universitaria, e più precisamente dentro la facoltà di agraria. Tutto attorno ci sono gli alti edifici delle varie facoltà e, alle spalle, gli alti edifici, di recente costruzione, di Corso Pisani.
Che cosa è la fossa della Garofala
La Fossa della Garofala rappresenta l’ultimo lembo ancora visibile di quello che era un tempo il paesaggio della Conca D’Oro, ovvero la vasta pianura sulla quale è costruita la città di Palermo. Migliaia e migliaia di alberi di limoni ed arance, con il loro caratteristico colore dorato, un tempo offrivano ai visitatori che volevano ammirare dall’alto la città, un panorama di rara bellezza. Oggi purtroppo al posto degli alberi di limoni ed arance sorgono alti palazzi, e le zone verdi sono un ricordo talmente lontano da essere totalmente assente nella memoria delle nuove generazioni.
Inoltre, esattamente nel punto più basso della Fossa, si trova l’antica sorgente del fiume Kemonia, uno dei numerosi fiumi di Palermo che oggi non esistono più. Il Kemonia era un fiume piuttosto difficile da gestire. Durante le forti piogge infatti si ingrossava a tal punto da uscire fuori dagli argini ed allagare tutto ciò che stava attorno. Moltissimi sono stati gli edifici distrutti e alto è anche il numero delle vittime. Per tale motivo il Kemonia, verso la metà del ‘500, è stato interrato e da allora scorre sottoterra. Assieme al Kemonia fu interrato anche un altro fiume di Palermo, il Papireto, che invece aveva la tendenza a impaludarsi. Dalle immagini antiche e dalle ricostruzioni pare che entrambi i fiumi fossero navigabili.
L’importanza dell’acqua e le innovazioni degli arabi
Quando nell’800 gli arabi giunsero in Sicilia furono molti i cambiamenti che portarono, soprattutto nel campo dall’agricoltura. Provenendo da paesi aridi, erano molto bravi a sapere sfruttare al meglio le risorse idriche a disposizione, seppure non moltissime. Sfruttando la peculiare conformazione del sito crearono dei veri e propri recipienti di acqua, sia naturali, sia costruiti, per potere permettere l’irrigazione dei campi durante tutte le stagioni dell’anno. Oggi questi sistemi sono ancora visibili, con la presenza di canali, gebbie e recipienti per la raccolta delle acque.
L’arrivo di Luigi Filippo D’Orleans
Nel 1809 arriva a Palermo Luigi Filippo D’Orleans, cugino di Luigi XVI, che esiliato dalla Francia accetta di sposare Maria Amalia, figlia del re Ferdinando IV di Borbone e Maria Carolina d’Asburgo. Luigi Filippo trasforma quei terreni, che fino a quel momento avevano avuto un utilizzo prevalentemente agricolo, in quello che fu definito uno dei più bei giardini d’Europa nell’800. Questo è forse il momento di maggiore splendore di questo sito, di cui purtroppo oggi rimane poco.
Possiamo ancora ammirare gli affreschi che furono realizzati all’interno della serra che Luigi Filippo si fece appositamente costruire; alcuni simboli massonici come l’obelisco posto all’ingresso; la grande vasca circolare usata per la coltivazione del papiro e la pesca.
Altre curiosità sulla Fossa della Garofala
In una delle grotte presenti qui alla fossa sono stati ritrovati resti di elefanti nani, una particolare specie di elefanti diffusi in Sicilia nel pleistocene e oramai estinti. I resti oggi si possono ammirare al Museo Gemellaro di Palermo.
Addossato alle nuove costruzioni di Corso Pisani si trovano i resti dell’antico borgo dove vivevano i contadini. Rimangono le facciate di alcune case, i resti di un’antica cappella e poco altro. Occorre lavorare molto di fantasia per ricostruire l’immagine della zona di un tempo, però questi ruderi riescono ad essere molto evocativi.
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