L’Etna, questo enorme vulcano attivo, alto più di 3.000 metri, è uno dei simboli della Sicilia. Le sue frequenti eruzioni regalano spettacolari colate laviche, il sogno di ogni fotografo paesaggista (e non solo). Tuttavia non dobbiamo dimenticare che non sempre queste colate laviche sono state indolore. Per ben 2 volte la lava è scesa molto a valle, finendo per travolgere e distruggere i centri abitati. La prima volta, nel 1669, da una frattura apertasi nei pressi di Nicolosi, scese una lava molto fluida che in soli 4 mesi raggiunse addirittura il mare, seppellendo gli abitati di Malpasso, San Pietro Clarenza, Camporotondo, Mascalucia, S. Giovanni Galermo e Misterbianco, e danneggiando la città di Catania. La seconda invece è avvenuta nel 1928, quando la lava imbeccò il letto del fiume Magazzeni e si diresse velocemente verso il paese di S. Alfio, che sembrava essere destinato ad essere completamente raso al suolo.
Di fronte all’imminente catastrofe la popolazione cercò di reagire nel migliore dei modi: alcuni scapparono via, cercando di salvare il salvabile, alla ricerca di un riparo più sicuro; alcuni si rifugiarono nella chiesa madre, pregando affinchè la sciagura fosse evitata; altri ancora, con totale sprezzo del pericolo ed una fede più che invidiabile, decisero di portare in processione le sacre reliquie dei santi.
Fu un vero azzardo perché la colata lavica era davvero molto minacciosa e la processione rischiava di trasformarsi in una vera e propria ecatombe. Sembrava la cronaca di una strage annunciata: la terra tremava, il cielo era nuvoloso, piovigginava e si stava sollevando la nebbia. Insomma, un vero disastro! Coloro che accorrevano per cercare di accodarsi alla processione finivano per scappare via terrorizzati. “Scappate via, mettetevi in salvo”, gridavano. Ma nessuno osava tornare indietro ed anzi rispondevano con fermezza “Abbiamo con noi i nostri tre Santi. Niente e nessuno ci può fare del male”.
Probabilmente qualcuno li prese per pazzi ma, come si dice, “la fede sposta le montagne”, e mentre la folla continuava a gridare “Viva S. Alfio”, un nuovo cratere si apriva nella montagna, facendo così deviare il flusso lavico. Il Paese di S. Alfio fu così risparmiato, anche se ad essere travolto fu il paese di Mascali, sommerso interamente dalla lava.
I fedeli gridarono al miracolo ed è per questo che, nel 1958, in ricordo della disgrazia scampata, è stata costruita la chiesa Magazzeni, proprio nel punto esatto dove la lava arrestò il suo inesorabile cammino, la notte del 3 novembre 1928.
Foto di Benedetto Ferlito
Commenta per primo